Uno zaino, una sacca e qualche libro, ecco cosa il giovane Vikram decide di portarsi dietro, per affrontare un viaggio che non credeva di poter mai fare.
“Autostop per l’Himalaya” è il diario di viaggio dello scrittore indiano Vikram Seth.
All’età di ventotto anni, mentre studiava all’Università di Nanchino, in Cina, Vikram ha la fortuna di ottenere un insperato visto per entrare in Tibet entro il mese di agosto. Ha poco tempo per decidere e così, senza troppa preparazione, si mette in cammino scegliendo la modalità dell’autostop, facendo affidamento su un po’ di fortuna e sulla disponibilità dei camionisti che trasportano merci tra i due territori.
Siamo nel 1981 e l’esperienza che fa il giovane Vikram lo porta a contatto con la vera Cina e il vero Tibet, fatti di strade difficili, ponti crollati, camion scomodi, sbalzi di temperatura e di pressione e una burocrazia che gli crea disagi di sosta in sosta. Eppure è il lettore stesso a capire il senso di tutto, perché aprire questo libro vuol dire mettersi in spalla lo stesso zaino, la stessa sacca dell’autore. Si accetta la lentezza del cammino, l’attrazione quasi priva di senso per un paese del quale Vikram non conosceva molto, né della storia, né della cultura, ma del quale percepiva il fascino.
Autostop per l’Himalaya non è un libro troppo avventuroso, non ci sono colpi di scena, tutto ha piuttosto il sapore della verità. L’autore trasmette fatti e sensazioni personali, racconta pochi cenni della storia dei luoghi che attraversa, descrive la gente che incontra, l’accoglienza o l’astio che gli dimostrano, riporta brevi poesie che scrive durante il cammino.
Il lettore può accomodarsi bene tra le pagine, gustare la lentezza senza provare noia e riuscire a vedere, grazie alle descrizioni dell’autore, luoghi che forse non visiterà mai. Posso solo augurarvi, allora, un buon cammino…
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