Ci sono storie che emozionano a tal punto da cambiare il corso della nostra giornata, da ispirarci un cambiamento, addirittura da aiutarci davanti a una scelta difficile. Di queste storie io ne ho conosciute e per me hanno fatto davvero la differenza, mi hanno spinto a prendere aerei, treni, hanno contribuito a dirigere la mia vita. Ecco perché le storie sono tanto importanti e nostro è il dovere di raccontarle, di farle giungere a quelle orecchie che proprio di loro hanno bisogno. Ci penserà la Vita stessa a farle arrivare al momento giusto, alla persona giusta, noi dobbiamo solo stare pronti. Eccone allora una vera.
Avete mai sentito parlare di Bernard Moitessier? Era un navigatore e scrittore francese, innamorato del mare fin da giovanissimo, tanto che a 22 anni abbandonò la famiglia e il lavoro nell’azienda del padre, per imbarcarsi.
Un amore che lo rese disobbediente e sprovveduto, ma che diede senso alla sua esistenza, tutta volta alla scoperta degli oceani.
Non è facile ascoltare il proprio cuore, scoprire cosa lo fa palpitare, avere la chiarezza per riconoscere verso cosa verte la nostra vita. Anche quando ci riusciamo, quanti hanno poi il coraggio di seguire il cuore, di abbandonare le vie più agevoli a favore di un percorso che richiede forza e sacrificio? Solo una cosa fa la differenza tra il riuscirci e il fallire: il senso che ci anima, il motivo per cui una cosa ci diventa indispensabile. Ecco cosa mi ha colpito della storia di Bernard Moitessier.
Nel 1968, il Sunday Times indisse una regata, l’impresa prevedeva la partenza da qualsiasi porto inglese e il ritorno dopo aver doppiato i tre capi. Moitessier non amava le competizioni sportive fine a se stesse, ma decise di partecipare per spirito d’avventura. Partì in agosto, in ritardo rispetto ad altri concorrenti, doppiò i tre capi superando tutti ma, proprio al momento della vittoria, decise di non tornare in Europa e proseguì invece la rotta meridionale. Questa decisione stupì il mondo intero, Moitessier rinunciò alla vittoria certa e al premio in denaro, viaggiò senza scalo fino al giugno del 1969, raggiungendo Tahiti.
Perché fece questo? “Perché sono felice in mare, e forse anche per salvare la mia anima”, scrisse.
Ecco qual è il fuoco che guida le vere imprese, quelle che riguardano il cuore, il senso che diamo alla vita. Moitessier aveva chiaro questo e non si lasciò corrompere dalle lusinghe della fama e della vittoria. Non gli risultò nemmeno difficile, era naturale, necessario; la sua vita era in mare, nel viaggio, nel contatto con se stesso. Con la sua barca, Joshua, aveva stretto un patto: “Dammi vento e ti darò miglia” gli aveva detto lei.
Noi a chi daremo vento? Da chi ci faremo portare per miglia?
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