Se c’è una cosa che mi caratterizza è l’amore per la fantasia, per tutto ciò che si può inventare di bello: città misteriose, personaggi stravaganti, animali mai visti, interi mondi partoriti da una mente colorata.
Finché si è piccoli, essere fantasiosi è giustificato, è tipico dell’essere bambini. Mi domando perché, invece, avere una fervida immaginazione da adulti, o amare racconti e storie fantastiche, sembra essere una nota stonata nel pianoforte della nostra età, un sintomo di stravaganza.
Ricordo un professore di scuola, insegnava chimica e biologia, materie strettamente legate alla realtà, una realtà scientifica, studiata e sperimentata. Ecco, proprio lui, un uomo alto e magro, con gli occhiali e qualcosa di sempre sfuggente nello sguardo, passava le ore libere seduto da solo in sala professori o in una qualsiasi aula vuota, con un libro in mano. Gli aveva tolto la copertina di carta per evitare che si leggesse il titolo. Passai settimane ad osservare il dorso quadrettato di quel libro, prima di avere il coraggio di domandare cosa fosse.
<< Harry Potter>> mi rispose un giorno il professore.
Da mesi, il mio insegnante di chimica leggeva la saga di Harry Potter e, da come me ne parlava, sembrava prenderla molto sul serio. Il giorno dopo andai in libreria a comprare il primo volume e al settimo tomo ero in lacrime inconfortabili.
Un regalo preziosissimo quello che mi fece il professore: la rassicurazione che la fantasia non è solo roba da bambini, che ci se ne può nutrire anche da adulti e trovarvi enorme piacere.
Perché immaginare piace così tanto ad alcuni? Perché perdersi in storie impossibili fa tanto trepidare? Riflettendoci, sono arrivata alla conclusione che dipenda dal cuore. Non il muscolo involontario che teniamo in petto, ma il cuore della mente, quello che racchiude l’essenza dei nostri desideri.
La chioccia desidera dare vita e calore ai suoi pulcini ed è tutta intenta in questo dono di sé. Le api sono al servizio della loro regina e mantengono un ruolo predestinato al quale si dedicano con tutte se stesse. Le rondini sono viaggiatrici, inseguono le stagioni a costo di voli interminabili e fanno di questo la loro ragione di esistere. Allo stesso modo sono forse gli uomini, ognuno con un desiderio nel cuore che dà forma al proprio stile di vita e ne dirige gusti e scelte.
Io ho il desiderio dell’avventura, dei sentimenti travolgenti, delle mete insperate da raggiungere e degli ostacoli da superare. È desiderio di vita, delle sue possibilità oltre la routine, delle sfumature che nasconde e che vanno scovate. Leggere storie di eroi che prima sono stati semplici uomini fa pensare che anche in noi possiamo trovare la stessa forza. Vedere l’odio tra due personaggi trasformarsi in un grande amore fa credere anche a noi che i difetti di chi abbiamo intorno possano nascondere qualità amabili. Osservare il tormento di un ragazzo che, tra le pagine di una storia, trova la forza di reagire, ci ricorda che è possibile andare avanti anche nelle situazioni difficili.
Nutrendoci di vite che non sono le nostre non facciamo che dilatare la vita, dargli la possibilità di viaggiare per terre e sentimenti che non abbiamo ancora provato e trovarci magari pronti ad affrontarli o ad aiutare altri a fare lo stesso.
Mi sono immaginata i creatori di storie fantastiche, come degli scribacchini col compito di prendere appunti sulla vita e confezionarli per bene in un racconto, in modo che chiunque possa attingerne e tirar fuori l’idea di cui in quel momento ha bisogno. Gli amanti di queste storie sono invece dei traduttori, capaci di maneggiare bene le regole della fantasia e darne una versione nella lingua corrente che è la loro vita.
Ecco perché l’immaginazione è uno strumento da grandi, mascherato da gioco per bambini.
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